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Un parcheggio sicuro

Gen 3, 2024 | #Racconti, Comico, Distopico, Horror

Tempo di lettura 8 minuti

Dalla rampa arrivò una folata fredda. Pico raccolse la trapunta dal bordo della sedia e la mise sulle spalle.

Mattia comparve sulla soglia del garage. Aveva la patta aperta.

Pico lo indicò. «La cerniera». Rovesciò il sacchetto coi dadi sulla mappa.

Mattia tirò su la lampo. «Non è ancora tornata?»

«No.»

«’Ste foto del cane le aveva tipo in un album?»

«Che ne so.» Posò la miniatura di un goblin sul tavolo. «Se ci teneva tanto, perché non le ha prese scappando?»

Mattia prese un pezzo di legno dalla catasta e lo gettò nel barile. La fiamma crepitò liberando l’odore del fumo.

«Bè, era il suo cane… Dovresti essere più gentile con Anna.»

Cos’era quel sorrisetto?

Nel garage piombò il buio.

«Che palle! ‘Sto nastro adesivo continua a staccarsi.» I passi di Mattia riecheggiarono nell’oscurità del parcheggio. La luce tornò.

Pico posò il manuale del giocatore vicino ai dadi. «Aggiungilo alla lista per la prossima sortita. Ecco: tutto pronto. Quando torna Anna facciamo le schede.»

«Le schede?»

«D&D, la facciamo provare.»

«Non ci penso proprio, brutto coglione. Quando torna Anna…» Mattia si sporse in avanti «le chiedo di scopare.»

«Cosa?»

«Esatto.»

«Ma è una signora! Voglio dire, è vecchia!»

Mattia raccolse una lattina da terra e la dondolò. «E allora?» la posò e ne prese un’altra «Io ho quasi vent’anni e lei quaranta. Credo.» Posò anche quella e scosse una terza lattina. Si tirò su. «Siamo rimasti soli. Se vuole scopare può farlo solo con noi due. Ha tutto da guadagnarci» potrò la Coca alla bocca e la bevve d’un fiato. Gettò la lattina lontano nel tunnel e si sedette sul materasso in un angolo. «E la società non ci giudicherà. Perché l’unica società rimasta sei tu, Pico De Paperis!»

«Non chiamarmi così!»

«E magari te la scopi pure te, eh?»

Anna aveva un fisico notevole. Pico sentì le guance calde. «E se lei non volesse?»

«Basterà aspettare. Prima o poi ce la darà, vedrai. Ho già preparato un box per quel momento.» Mattia sorrise sfregando i denti.

Che faccia da scemo.

«Ci pensi?» Si morse un labbro. «Non morirai vergine!»

Lo schiocco metallico della porta taglia-fuoco, i passi sulla resina del pavimento. Mattia si sporse «Eccola.»

«Ragazzi…» Anna arrivò al box e cadde sulle ginocchia. Le foto di un carlino grigio si sparpagliarono a terra.

Mattia si protese e l’afferrò per le spalle, lei gemette, lui tirò via una mano, inorridito.

«Che c’è?» chiese Pico.

C’era del sangue sulle dita di Mattia. «L’hanno morsa!»

Anna tremava con la testa molle sul petto.

Pico si alzò, la trapunta cadde. «E ora?»

La donna strillò, sollevò le braccia e artigliò la schiena di Mattia, si lanciò in avanti come per mordergli la faccia.

La pala. Pico la raccolse, raggiunse Anna e la colpì sulla testa. La donna fu percorsa da uno spasmo e cadde di lato.

«Merda!» Mattia si spinse indietro ansimando. «Cazzo che paura. Grazie, vecchio. Porca troia, ci è mancato un pelo.»

Pico liberò la pala con un suono molliccio.

Mattia si tirò su. Respirava profondamente con le mani sui fianchi. «Merda!» Calciò il barile facendo crollare la legna bruciata.

«Poverina. Ora toccherà portarla fuori.»

«Capisci che significa?»

«Sì, dobbiamo controllare il giro scale.»

«Vuol dire che non scoperemo mai più! Hai appena stecchito l’unica donna disponibile sul pianeta!»

Pico ripulì la pala sulla maglietta. «E cosa volevi fare, scoparti uno zombi?»

«No no, anzi, grazie. Dico solo che ora possiamo scordarci il sesso.»

«Cristo, Mat! Ho appena ammazzato Anna!»

«Era anche simpatica. Ma non la conoscevo bene. Di fronte a un futuro senza sesso, la morte di Anna scomparisce.»

«Scompare.»

«Quello che è.»

Pico girò attorno al cadavere. Aveva un morso sulla spalla e due su un polpaccio.

«E, Pico, ti avviso: io e te zero. Neanche un bacetto. So che per ora sei etero, ma se sospetto anche solo per un secondo che noi due… no. Piuttosto ti uccido.»

Mattia non era mai stato molto sensibile, e con tutta quella storia degli zombi, la famiglia morta, eccetera, non poteva che peggiorare. Chissà, forse sarebbe davvero diventato pericoloso col tempo.

«Non guardarmi così, Pichetto: è davvero grave. Però…»

Pico sollevò le sopracciglia. «Però?»

«Possiamo cercare in giro. Ci sarà qualcuna da portare al sicuro nel nostro parcheggio sotterraneo. Qualcuna che poi dimostri gratitudine.» Mattia gli diede di gomito.

Pico immaginò le compagne di quinta. «Va bene, ma la voglio scegliere.»

«Eh? Non siamo mica ad Amsterdam.»

«No» sorrise, «ma ho in mente un posto.»

***

Pico entrò, posò a terra lo zaino e tirò fuori una catena con lucchetto. Legò bene le maniglie del portone e mostrò il pollice a Mattia.

«Oh, non perdere la chiave. Non voglio passare la vita in un collegio di Orsoline.»

Pico mise un dito sulla bocca. «Parla piano, non sappiamo se c’è qualcuno.»

All’ingresso il quadro della santa era strappato, pavimento e muri del corridoio erano macchiati di sangue e viscere verdastre. L’odore di carne marcia era insopportabile. Pico si coprì il naso col braccio e fece segno di proseguire.

I pochi neon ancora funzionanti traballavano. Sui primi gradini della scala che saliva c’era un piede con un bel pezzo d’osso. Non mangiavano le scarpe e non le sapevano levare.

Una targa indicava i dormitori al piano di sopra.

Pico, salendo, strinse il manico della pala. «Io la voglio mora, con tette grandi e naso sottile» Bisbigliò.

«Cosa?»

In cima alle scale un cartello indicava dormitorio a destra.

«Amante del fantasy e di D&D. Aspetta: non della quarta edizione.»

«Pico, ma sei coglione?»

«Sssh!»

Porte finestrate. Oltre si allungava un corridoio, altre scale salivano verso i piani superiori e, in fondo, altre porte uguali a quelle. Attraverso i vetri una chioma pulita si mostrò per un istante.

Pico avvertì un colpo dietro lo sterno. «Eccole.»

Una si fermò dietro al vetro e passò una mano nei lunghi capelli castani. Erano vive!

Sorridevano e correvano guardando in basso.

«Sembra che giochino» disse Mattia. «Calcio forse.»

«Brutto segno.»

«Perché?»

«Detesto il calcio.»

Mattia si inginocchiò per essere fuori vista. «Vieni giù.»

Pico obbedì.

«Le chiamiamo?»

«No, Mat. Magari ci sono zombi ai piani superiori.»

«Allora andiamo lì con le mani alzate, così non si spaventano.»

Pico oscillò la testa con una smorfia. «Non so. Forse si spaventano uguale. E non mi sembra che aspettino un salvataggio.»

«In che senso?»

«Come le convinci a venire via?»

Mattia si grattò la fronte. Sorrise. «Mentendo!»

«Mmm.»

«Sì, sì. Diciamo una palla. Diciamo che abbiamo cibo per tutti. Anzi, che facciamo parte di una comunità di sopravvissuti e poi che sono tutti morti.»

«E se poi ci fanno fuori?»

«Ma no, vedrai che anche loro vorranno scopare.»

«E se sono tutte lesbiche? Come in prigione?»

Mattia arricciò il naso. «Cazzo dici?»

«Ho visto un documentario.»

«Roba americana: non significa nulla.»

«Vabbè. E le vuoi portare tutte?»

«Che fai, ti metti a dire tu sì, tu no? Allora sì che s’incazzano.»

«Ma non c’è abbastanza cibo.»

«Poi ci si pensa.»

«Non so… le femmine sono un po’ un dito in culo quando sono tante.»

«Che ne sai?»

«Mia madre teneva il circolo del libro una volta al mese. Erano in sette.»

«Ma che cazzo c’entra? Sei scemo?»

«Ha parlato Einstein.»

«Ma vaffanculo, Pico! Guarda che tengo più a scopare che alla tua faccia di cazzo.»

«Bello stronzo.»

«Non capisci un cazzo, verginello.»

Pico non controllò la mano. Lo schiaffo schioccò più forte di quanto si aspettasse. Mattia si voltò incredulo, i segni delle dita sulla guancia.

«Scu—»

Mattia lo spinse, Pico crollò contro le porte che si aprirono rovesciando una sedia. Il tonfo rimbombò per tutto il corridoio.

Un grido furioso dal piano di sopra, seguito da molti altri. Dalle scale arrivò il rombo dell’orda.

Mattia lo aiutò ad alzarsi, tornarono dietro le porte. «Un lucchetto, veloce!»

Pico buttò a terra lo zaino, si piegò e tirò fuori una catena. Legò le maniglie con le dita sudate, chiuse il lucchetto. Qualcosa colpì le porte buttandoli a terra. Una suora con la pelle bianca e gli occhi sgranati premeva gengive nere contro il vetro.

Si alzarono. Il corridoio era gremito di Orsoline putrescenti. Le ragazze urlavano sull’altro lato cercando di tenere chiusa la loro porta.

Facendo tutto quel casino le stavano attirando lì.

«Non ci credo.» Mattia sollevò le mani e le lasciò ricadere sulle cosce. «Siamo fottuti di nuovo.»

«Voi chi siete?» una voce femminile dietro di loro.

Due ragazze, una grassa e una spilungona con la frangia.

Mattia alzò le mani. «Siamo qui per aiutare.»

Le ragazze reggevano delle vaschette di gelato. Dovevano averle prese dalla mensa.

La tipa alta li superò. «Oddio, le suore!»

«Eh sì, cazzo.» Pico scosse la testa. «Dovevate costruire una barricata, razza di stup—»

«Guarda!» Mattia indicò i dormitori. Le suore erano entrate e le ragazze urlavano.

«È tardi. Dobbiamo fuggire!» disse la cicciona.

Ottimo, ora stavano per mettersi a piangere. Pico fece cenno all’amico di avvicinarsi. «Non vorrai portare queste due» bisbigliò. «No, vecchio. A tutto c’è un limite.»

La spilungona aveva già gli occhi rossi e gonfi. Si aggrappò a Pico «Portateci con voi!»

«Eh, purtroppo non—»

«Se ci lasciate, moriremo!» gridò la grassona.

Pico sbuffò: era vero. «Vi piace D&D?»

«Cos’è?»

Ma che palle.

Mattia gli colpì una spalla. «Dai, portiamole fuori. Poi ognuno per la sua strada.»

«E se poi non se ne vanno?»

«Tranquillo: andrà tutto bene.»

***

Mattia spinse la saracinesca fino in cima sorridendo. Aveva ancora il fiatone.

«Eccomi a casa.» si chinò, posò la pala sporca a terra e aprì lo zaino.

«Hai trovato tutto?»

«Sì. Ed ecco il nastro adesivo per l’interruttore. Il ferramenta era deserto. Ho preso anche altre catene.»

Cos’era quella boccetta di vetro azzurro sul fondo? «E quello?»

Mattia sorrise, controllò dietro di sé, bisbigliò «È profumo.»

«Profumo?»

«Sì. Ora vado nel box di Elena. Sai, non è così grassa: più che altro è formosa, no?»

Pico sorrise. Indicò il profumo «posso?»

Mattia annuì.

Pico si spruzzò sul collo. «A me piace più Chiara.» Pino mugo. «È atletica, ha un bel sorriso e le profumano i capelli.»

«Come lo sai?»

Pico si toccò il naso e sorrise.

Mattia gli diede una pacca. «Visto? L’avevo detto che alla fine sarebbe andato tutto bene.»

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